Servizio vs Consulenza: come creare prodotti e servizi

L'infinito dilemma meglio prodotto servizio o consulenza?

In questo articolo andremo ad affrontare un argomento particolare come sfruttare anni di consulenze per realizzare dei prodotti o dei servizi che vengano recepiti dal mercato e ci permettano di far crescere una attività professionale.

Faccio subito una premessa, non sto dicendo che dovete abbandonare l’attività di consulenza ma semplicemente prendere alcune di queste e trasformarle in servizi più facilmente vendibili e magari con periodi di fruizione più lunghi in modo da potersi dedicare ad altre attività ad alto reddito una volta venduto il prodotto.

Perché iniziare questo processo di elaborazione e realizzazione di un prodotto può essere utile?

  1. Perché vendere una consulenza è più complesso e richiede maggiori energie a livello di preparazione della trattativa
  2. Perché per vendere una consulenza dobbiamo aver lavorato moltissimo sul nostro “personal branding”
    (tra gli approfondimenti troverete il link agli articoli di Daniele Coltro su questo argomento)
  3. Perché le consulenze si vendono in forma “One shot” e poi si deve ricominciare d’accapo.
  4. Perché diventa sempre più difficile farsi pagare una consulenza mentre un servizio può essere interrotto in caso di insolvenza
  5. Perché i servizi / prodotti sono replicabili.
  6. Possono essere venduti in forma contratto pluriennale o “plurifruizione”
  7. Possono essere erogati anche da altri collaboratori, svincolando il professionista che potrà gestire contemporaneamente più processi che aumentino la redditività dello studio/azienda

Naturalmente la lista è ben più lunga, mi sono limitato a mettere nero su bianco alcuni dei principali motivi per i quali si dovrebbe investire del tempo in ricerca e sviluppo per la messa in opera di prodotti e servizi per ovvi motivi di spazio e fruibilità del contenuto.

Nel mio modo di vedere le attività aziendali la consulenza deve essere un di più che porta benefici economici tangibili in mezzo a una grossa mole di prodotti / servizi venduti quotidianamente.

Questo perché man mano che crescono il fatturato e le attività ordinarie replicabili, aumenta anche il valore economico della remunerazione oraria di un imprenditore.
(In parole povere semplificando all’estremo il modello, se un imprenditore fa fatturare alla sua azienda 1000 rimanendo seduto 8 ore alla sua scrivania dirigendo le attività, il costo di una consulenza che impegni lo stesso quantitativo del suo tempo, non può essere inferiore a 2000.)

Arrivati a questo punto iniziamo a capire quali sono i passi da fare per trasformare il lavoro di un professionista in un prodotto vendibile e standardizzabile.
Il processo è piuttosto complesso ed i dettagli naturalmente possono cambiare da attività ad attività, nelle prossime righe vi esporrò i passi che ho fatto io per realizzare servizi del settore ICT.
La struttura principale del processo l’ho sperimentata anche con figure professionali differenti quali studi di avvocati o di architettura, ecc.

Per iniziare dovremo fare due analisi una “interna” ed una “esterna”.

L’analisi Interna

Tutti i consulenti hanno fatto l’apprendistato o la “gavetta” in studi di altri professionisti prima di mettersi in proprio o associarsi a questi ultimi, quindi i dati a disposizione sono di solito una bella mole.
Io per scremare le opportunità più interessanti utilizzo il Principio di Pareto – 80/20 (sull’argomento troverete il link ad un interessantissimo articolo di David Grosso al fondo tra gli approfondimenti).
Si analizza quali attività di consulenza sono più ricorrenti e producono il maggior fatturato con la maggiore marginalità, ad esempio per un avvocato possono essere le cause di divorzio, per un fisioterapista potrebbero essere le attività di riabilitazione dopo operazioni al ginocchio o per risolvere problemi di “mal di schiena”.

Applichiamo quindi il Principio di Pareto il 20% delle mie attività producono l’80% del mio fatturato, naturalmente non sarà un 80/20 preciso, potrebbe essere un 70/30 o 65/35… ma avremo sicuramente una piccola serie di attività predominanti che ci portano il maggior fatturato.

A questo punto individuiamo una serie di consulenze che possono diventare il fulcro della nostra nuova gamma di servizi a pacchetto.

Prendendo come esempio l’attività che ho svolto negli ultimi anni, dall’analisi che feci quando approdai in questa azienda emerse che la maggior parte del fatturato ad alta marginalità, derivava da attività sistemistiche dovute al post vendita di hardware presso lo stesso cliente.

Una volta individuata l’area in cui operare andiamo a lavorare sull’analisi esterna.

L’analisi Esterna

Io di solito parto da una semplice SWOT si trovano diversi contenuti sull’argomento, ho scritto anche un breve articolo sul mio blog, su come iniziare ad utilizzare questo strumento, comunque vi rimando a Wikipedia per quanto riguarda un breve accenno con il solito link al fondo nell’area approfondimenti.

L’analisi SWOT è uno strumento che serve a valutare i punti di forza, debolezza, opportunità e minacce del mercato relativamente ad un progetto.

swot

Una volta buttata giù l’analisi grezza si continua ad approfondire con una analisi di prezzo e prodotto (il classico benchmarking).

In questa fase consiglio di utilizzare almeno un business model, questo è uno strumento che vi permette di schematizzare tutti i dati che avete raccolto e di condividere con i collaboratori il progetto, ci sono diversi canvas che potete trovare su internet, io solitamente ne uso uno suddiviso in quadranti con le aree operative nelle quali incollo dei postit, lo affiggo sulla lavagna vicino alla macchinetta del caffè e resta a disposizione di tutti in modo da poter condividere idee ed impressioni.

Ricordatevi che il business model “rimane in movimento” non focalizzatevi sulla prima stesura ma continuate a popolarlo fino a quando non trovate la soluzione ideale per quello specifico momento storico, l’anno successivo le scelte che avete fatto possono anche cambiare in base alle evoluzioni del mercato.

Una delle cose a cui faccio attenzione in questa fase è cercare di suddividere le tipologie di concorrenza diretta ed indiretta questo perché se si hanno idee innovative (il prodotto è nuovo sul mercato) probabilmente non avremo dei concorrenti diretti ma degli indiretti… i classici surrogati, tanto per intenderci.

Per fare un esempio un nuovo negozio specializzato in cioccolata che apre in una zona centrale di una cittadina probabilmente non avrà concorrenti diretti perché magari non ci sono altri negozi così verticali sul prodotto, ma probabilmente ci saranno una serie di supermarket o negozi di alimentari nelle vicinanze che trattano cioccolato di qualità, diventa quindi necessario studiare anche il loro approccio al mercato per essere sicuri di ritagliarsi la giusta nicchia!

A questo punto arriva la parte difficile abbiamo i dati su cosa siamo bravi a fare e su cosa produce i migliori risultati, abbiamo i dati su cosa fanno i nostri concorrenti… non ci resta altro da fare che trovare una soluzione innovativa, che altri non adottano e che sfrutti il nostro know how, che sia replicabile e rivendibile senza il nostro intervento diretto.

Giuro che quando ho riletto questa frase senza pensare al lavoro degli ultimi anno ho pensato… sto scrivendo qualcosa quasi impossibile da realizzare, invece non è così.
Non sto dicendo che è un processo realizzabile in due giorni ma applicandosi e cercando sempre nuove idee provando a sviluppare nuovi prodotti alla fine si possono ottenere dei risultati ottimi.

L’ultimo step da fare è l’analisi dei costi per la realizzazione del servizio.

Analisi dei costi

Una volta sviluppate l’analisi interna ed esterna, ci resta soltanto da capire se la nostra idea può essere realizzata a prezzi che il mercato è disposto a recepire.

Chiariamoci bene le idee… quasi tutti i prodotti servizi possono essere collocati su una fascia di prezzo anche altissima e di massimo lusso, ma devono esserci i presupposti perché la clientela ci veda come un punto di riferimento del settore se vogliamo spuntare tali prezzi e soprattutto la nicchia alla quale facciamo riferimento non deve essere così piccola da mettere a repentaglio l’investimento in ricerca e sviluppo che andremo a fare.

Cosa dobbiamo calcolare nei costi di gestione?
Naturalemente dobbiamo inserire tutto.
Tornando all’esempio pratico dei servizi ICT nel calcolo dei costi di servizio si devono inserire:

  1. i costi di ammortamento hardware,
  2. le garanzie aggiuntive per gli anni di contratto,
  3. i costi delle ore di lavoro del sistemista assunto dall’azienda,
  4. i costi di manutenzione ordinaria,
  5. i costi software,
  6. eventuali costi di housing in datacenter e di corrente elettrica,
  7. i costi di sostituzione delle batterie dei gruppi di continuità
  8. i costi della rete commerciale o di procacciamento clienti,
  9. i costi di infrastruttura imputabili al singolo servizio, ecc.

Una volta messo tutti questi dati in un foglio di calcolo si suddividono per la durata dei contratti di servizio che si prevedono di proporre sul mercato, i prezzi del servizio non potranno in alcun modo essere inferiori ai dati risultanti incluso il margine lordo che prevediamo di aggiungere, altrimenti stiamo proponendo servizi in perdita rispetto alla struttura aziendale!

Il caso pratico

In conclusione realizzare dei servizi a pacchetto vendibili sul mercato e replicabili anche con personale che non sia per forza di cose il professionista/imprenditore di turno non è semplice ma neanche impossibile con il giusto approccio.

Chiudo l’articolo con il caso pratico che sto portando avanti da anni e che è un continuo “work in progress” visto che il settore ICT si evolve velocemente e bisogna sempre rimanere sul pezzo!

Quello che abbiamo realizzato è stato un servizio completamente gestito per quanto riguarda le infrastrutture informatiche nelle PMI.

Non proponiamo più il server in vendita e una consulenza per l’installazione e configurazione, ma una serie di servizi modulari che si possono comporre per realizzare l’intera rete server, firewall e sicurezza, PC client e centralino voip in azienda, inclusi backup professionale in più sedi per la bsiness continuity e servizi SaaS (software as a service in cloud).

Ogni modulo è un singolo servizio che può essere acquistato anche separatamente seguendo un semplice listino, basandosi sulla propria dimensione aziendale, numero di utenti, esigenze di business continuity ecc.

A questo punto il cliente si deve solo preoccupare del canone mensile tutto il resto è gestito sia interventi ordinari che straordinari con costi che sono inferiori al solito TCO (total cost of ownership).

Sapete quale è stato il beneficio principale?
Mentre in precedenza soltanto i titolari dell’azienda potevano andare a vendere le proprie consulenze, perché detentori del know how, oggi abbiamo diversi partner che propongono i servizi in modo assolutamente slegato e senza dover per forza di cose essere sistemisti esperti o tecnici geniali.

Una volta venduto un contratto possiamo concentrarci a livello commerciale per più anni su altri fronti senza dover sempre andare alla ricerca forsennata del prossimo cliente per vendere la consulenza “one shot”!

La cosa più difficile a questo punto diventa l’organizzazione del customer care che deve gestire tutta la fase di vita del contratto… si sa non si può avere tutto dalla vita quindi comunque anche quando si ottengono buoni risultati…
bisogna in qualche modo continuare a rimboccarsi le maniche!

Scritto da Daniele Catarozzi

Citazioni e approfondimenti:

Guida alla creazione del proprio personal branding [parte 1]
Guida alla creazione del proprio personal branding [parte 2]
Guida alla creazione del proprio personal branding [parte 3]

Principio di Pareto – articolo di David Grosso

Analisi SWOT

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