Come si muove il social commerce?

Sapevate che il 92% dei consumatori si fida più delle raccomandazioni tra pari che delle campagne pubblicitarie tradizionali?

E sapevate che più del 50% delle vendite on-line avviene attraverso i social media (negli USA)?

Il social commerce è parte integrante delle strategie di marketing.

D’altra parte, i social media stanno inserendo opzioni “di acquisto diretto” sulle proprie piattaforme: un segnale forte della tendenza a rendere lo shopping sempre più immediato e condivisibile. Instagram permette di convertire immagini in una pagina di acquisto di un prodotto, Facebook sta spingendo le aziende a compiere azioni per acquisire clienti e aumentare le vendite dei propri prodotti e servizi. Ok, sono entrambe di zio Zuck, ma lo stesso vale per Pinterest, che da tempo consente gli acquisti diretti tramite Pins a pagamento senza che  l’utente debba abbandonare la piattaforma.

Ma cosa è il social commerce? Non è semplice darne una definizione ma non c’è dubbio che il suo effetto,  fare in modo che le persone seguano con facilità e immediatezza un brand e prodotto , sia,  dal punto di vista delle vendite e dell’e-commerce, un toccasana per i fatturati.

Possiamo  aggiungere che il social commerce non è nulla senza l’influenza social. E non parlo di grandi influencer, ma di recensioni, commenti, domande, foto, geolocalizzazione, immagini con tag ecc.: azioni che gli utenti, quindi noi, compiamo ogni giorno con la nostra attività in rete. Un prodotto consigliato da nostri contatti, o meglio ancora da amici, può avere un impatto enorme sulle nostre scelte di acquisto e di riflesso può essere notata anche da persone che ci seguono.

Facciamo un esempio pratico. Gino vuole andare in pizzeria, ma non vuole andare nella solita sotto casa. Scrive un post su Facebook: “Ragazzi, conoscete una pizzeria comoda e buona in zona dove possa portarci anche la famiglia stasera?”. Immaginiamo che arrivino tre suggerimenti: è probabile che i tre posti suggeriti entrino ora tra i posti da provare e Gino su questi può contare sul riscontro dei suoi amici. Senza contare che ogni ricerca fatta da Gino verrà agganciata e Facebook proporrà luoghi simili a quelli cercati…

D’altra parte facciamo affidamento su amici, parenti e conoscenti per molte scelte nella vita quotidiana, anche senza passare dai social: è una questione di fiducia ed è su questa fiducia che giocano anche i social e i brand per aiutare o guidare le decisioni di acquisto.

Il social commerce altro non è che l’interazione tra e-commerce e strumenti ormai tipici dei social network.

Il legame non era così diretto in passato, anche perché non ben regolamentato. Ricordate i profili “forzati” delle aziende su Facebook? I tentativi di trasformare profili individuali in vetrine?

Con il tempo la propensione all’ecommerce delle aziende via social media è stata in qualche modo strutturata e regolamentata. Le soluzioni tecnologiche adottate e lo studio dei comportamenti degli utenti hanno dato alle aziende grandi e piccole mezzi per gestire un ambiente di acquisto su più livelli, che arriva sì al punto vendita o al sito, ma che ha l’obiettivo di costruire una continuità di relazione. Considerando che in media per ogni acquisto on line un cliente consulta 10,4 fonti di informazioni prima di prendere una decisione, se non si fa leva sul rapporto di fiducia siamo fritti…

Il prodotto perfetto per il social commerce

Non esiste un prodotto perfetto, come non esiste il canale social adatto a tutte le stagioni.

La definizione di un’attività di social commerce viene  studiata sulla base di analisi che coinvolgano:

  • il “cliente tipo”
  • la concorrenza
  • il piano promozionale (inclusa la scelta dei contenuti)
  • l’assistenza in tutte le fasi di vendita e nel post-vendita
  • la distribuzione del prodotto
  • la propria presente in rete ecc.

E, torno a ripetermi, come al solito non si può prescindere dalla strategia di marketing complessiva.

Se sto cercando una camicia su misura avrò bisogno di foto ben fatte e di dati che mi aiutino a carpire informazioni su tessuto, cuciture ecc. Se invece voglio acquistare un tablet le informazioni che mi aspetterò di vedere/leggere saranno altre: questo vale anche per la comunicazione social, e vale più in generale per la spinta all’acquisto.
Per intenderci, il social commerce è un modello di vendita. Prendiamo ad esempio Amazon.
Uno dei vantaggi competitivi di Amazon è che, rimanendo un portale di ecommerce e senza aspirazioni a trasformarsi in un social network, mette bene in pratica bene azioni “da social” in grado di influenzare le scelte del potenziale acquirente e di amplificare i risultati di vendita (es. uso delle recensioni, domande-risposte tra utenti, vedere cosa ha recensito un utente ecc.).

Come si muove allora il social commerce?

Il social commerce lavora e fa leva sulle aspettative.

Tornando all’esempio della scelta della pizzeria, Gino sceglierà dove andare, probabilmente in una delle pizzerie suggerite dai suoi amici. Si aspetterà che il locale scelto corrisponda a quel che gli è stato descritto in poche righe nei commenti su Facebook, a quello che si è immaginato di trovare: questa predisposizione guidata, questo seme di buona attitudine, se il risultato sarà congruo alle aspettative, genererà in Gino-cliente una maggiore soddisfazione che rafforzerà con il suo amico l’idea positiva sul locale, ma soprattutto sarà più rilassato, magari più predisposto a sperimentare e spendere qualche euro in più.
 

E la privacy?

castle-1206084_960_720Il social commerce ha di fatto portato cambiamenti sostanziali nel rapporto tra le imprese e i consumatori, soprattutto nel processo decisionale d’acquisto.

La privacy pare non essere un problema. Sappiamo di essere letti, di essere tracciati, sappiamo che gli annunci che vediamo corrispondono a quel che abbiamo cercato in passato. Il prezzo da pagare come utenti per godere dei vantaggi gratuiti dei social media sono i nostri dati, i nostri comportamenti in rete. Credo che ormai ne siamo tutti consapevoli. Possiamo quindi affermare che non c’è forma di inibizione nelle attività connesse in qualche modo al social commerce. Ne sono testimonianza le conversazioni tra aziende presenti sui social e utenti, anche quando Twitter o Facebook vengono usati per l’assistenza clienti.

 

Possiamo azzardarci ad affermare che sono poche ormai le transazioni on-line che non siano direttamente o indirettamente influenzate dai social media o da meccanismi social.

Le persone che seguono un marchio o un prodotto hanno già deciso di entrare in relazione con questo. Ogni informazione o comunicazione condivisa, lanciata su Twitter, Pinterest, Facebook & C., se letta, avrà effetto sulla relazione creata con l’utente: anche la mancata lettura se tracciata è già di per sé una risposta…

Per questa ragione, usare le azioni social per l’ecommerce è un modello interessante e profittevole: tutto sta nel rendere continua, stabile e ficuciosa la relazione con i propri utenti o potenziali clienti.

In conclusione, segnalo l’intervista a Hannah Pilpel, social project manager di Made.com, azienda che sta ben applicando il modello social commerce.

 

“Linkografia”:

http://www.mintel.com/press-centre/social-and-lifestyle/seven-in-10-americans-seek-out-opinions-before-making-purchases
http://wersm.com/why-influencer-marketing-is-the-new-king-of-content/

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