Lavoro: perché noi giovani siamo destinati al fallimento professionale

"Ti sto offrendo solo la verità ricordalo, niente di più"

Consigli per diventare un giovane di successo nel mondo lavorativo.

Un titolo forte per questo articolo, forte ma  necessario per far capire a noi giovani (mi includo nel gruppo) che se utilizziamo gli strumenti degli anni ’80 per “riuscire” in questo mercato globalizzato allora sì: FALLIREMO.

“È la tua ultima occasione, se rinunci non ne avrai altre.
Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello che vorrai.
Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant’è profonda la tana del bianconiglio.
Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo. Niente di più.”


Morpheus (dal film Matrix, 1999)

 

Immagina di essere Neo (il protagonista di Matrix) e che in questo momento ti vengano offerte le due pillole:

Pillola azzurra, smetterai di leggere questo articolo e continuerai a credere che tutto rimarrà così; non avrai motivo di pensare al tuo futuro: sarà  garantito dall’azienda nella quale lavori (o sogni di lavorare)

Pillola rossa, scopriremo  insieme la tana del bianconiglio e le insidie che ci attendono.

Non ho la presunzione di dire che quello che ti offro sia una verità oggettiva;  è solo il punto di vista di un laureato di 25 anni  che lavora da un paio di anni e che si confronta costantemente con imprenditori di alto profilo.

Bene, se stai continuando a leggere allora vuol dire che ti sei già reso conto che gli scenari attorno a noi si stanno modificando in modo rapido e continuo e usare strumenti antiquati non è più una soluzione valida.

Il mercato del lavoro dal dopoguerra al 2007

Andando indietro nel tempo (provate anche a chiedere ai vostri genitori e nonni), possiamo dire che dal dopoguerra al 2007 il lavoro non mancasse affatto  e che il mercato fosse  molto dinamico.

Ci furono periodi di crisi (1972-75, 1980-85, 1992-1999, 2007-oggi) e osservando il grafico sul tasso di disoccupazione qui sotto possiamo osservarne  il cambiamento col passare dei decenni ma questo non basta a spiegare il motivo della complessa situazione odierna

Mercato del lavoro Italia

Mercato del lavoro Italia

Per fare ciò dobbiamo considerare diversi fattori:

• dinamicità del mercato del lavoro

• necessità e volontà delle persone di migliorare la propria situazione

• diminuzione della forza di volontà dei giovani

• aumento della complessità del mercato


Dinamicità del mercato del lavoro

Il mercato del lavoro in passato è stato caratterizzato da una grande dinamicità. Negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso i lavoratori potevano licenziarsi  per entrare in un’altra azienda nella quale le condizioni economiche o le possibilità di carriera erano migliori. (alta mobilità)

La produzione industriale di quegli anni era ai massimi livelli  e i benefici ricadevano su tutta l’economia nazionale, inclusi i giovani che facilmente riuscivano a trovare un impiego.
La “manualità” per i giovani (per lo più con titolo di studio di terza media o quinta elementare) era sicuramente la caratteristica fondamentale per trovare lavoro. In quegli anni i lavori che hanno visto un maggior sviluppo sono stati: operaio in fabbrica, artigiano, muratore, idraulico, ecc.

Grazie allo sviluppo esponenziale delle grandi aziende e dei grossi cantieri vi è stato un circolo virtuoso che ha portato alla creazione di molte piccole e medie imprese.

Queste PMI avevano il grande pregio,  per i lavoratori,  di essere  un luogo in cui imparare l’arte che, trasmessa dal  titolare insieme a molteplici competenze, consentiva al lavoratore di  mandare avanti la professione (nel caso si trattasse di un’attività di famiglia) oppure iniziare una propria attività diventando  la copia dell’azienda da cui proveniva (le cosiddette spin-off). Lo stesso dicasi  per gli artigiani ed i professionisti.

Questa concezione errata di creare aziende e professioni però non era un problema in quanto c’erano possibilità di lavoro per tutti, salari e consumi reggevano un sistema economico forte ed i mercati conseguentemente erano in continua evoluzione ed espansione.

Non basta questo a spiegare perché la situazione fosse “migliore”. Scopriamo ora il vero motivo del loro successo.


Necessità e volontà delle persone di migliorare la propria situazione

A mio parere questo è il nodo cardine della questione, la famosa chiave di volta.

Nella mia vita quotidiana c’è una cosa che amo particolarmente fare, soprattutto a livello professionale: quando incontro una persona e mi parla del le sue esperienze professionali la ascolto con molta curiosità e gli pongo domande relative al suo passato ed a quando da giovane ha iniziato ad affrontare il mercato del lavoro o quando ha iniziato a fare il dipendente / lavoratore autonomo / imprenditore.

Quali sono i risultati che ho potuto riscontrare negli anni?
I tuoi genitori e nonni avevano una marcia in più rispetto a noi?

Se vuoi la risposta veloce è: NO.

Se vuoi la risposta più articolata invece è che dobbiamo pensare che la maggioranza delle famiglie dopo la guerra non aveva nulla e poteva solo migliorare la propria condizione.

Una caratteristica incredibile è l’umiltà di queste persone che avrebbero fatto qualsiasi lavoro pur di riuscire ad elevare la propria condizione personale e della propria famiglia.
Non avere nulla ha permesso loro di mettersi in gioco senza avere niente da perdere.

“Porta i tuoi uomini su posizioni elevate senza via d’uscita, e vedranno la morte: pronti a morire, cosa non riusciranno a fare?
È nelle situazioni disperate che ufficiali e soldati dimenticano la paura e danno il meglio di sé. Senza vie di fuga, difendono il terreno coi denti. Impegnati a fondo, si battono a fondo. Senza alternative, lottano fino all’estremo.”

 

Sun Tzu, L’arte della guerra

Nessuna marcia in più, solo la volontà e la necessità di farcela, a differenza nostra che ci troviamo in un altro tipo di situazione.

Questo la analizzeremo  nel prossimo punto.

Diminuzione della forza di volontà dei giovani

Negli anni lo status sociale delle famiglie è migliorato grazie anche agli anni d’oro della crescita italiana e questo ha portato in generale le famiglie ad esser più ricche del passato; questo fino ad oggi.

La nostra generazione potrebbe esser la prima generazione che riuscirà ad avere meno dei propri genitori. Perché ?

Questo a mio parere accade per un motivo semplice: “mancanza di fame”, intesa come rassegnazione passiva  allo stato sociale della famiglia, come mancanza di volontà nel rimettersi a fare anche i lavori più umili e quindi a mettersi in gioco nella vita.

I titoli di varie  testate giornalistiche , oltre a mostrare i dati sulla disoccupazione giovanile, mostrano alcuni settori in cui la manodopera è richiestissima: peccato ci siano pochi giovani che accettano il lavoro o quando lo  accettano lo  abbandonano  poco dopo ritenendolo  troppo pesante.
Alcune di queste masnsioni sono:  il lavapiatti, il muratore, l’elettricista, il panettiere, il cameriere, ecc.

Le giustificazioni di molti giovani disoccupati sono legate al peso del lavoro, agli orari , al fatto che si vuole continuare a uscire la sera o a vedere i propri amici.

Sai qual è la cosa  strana ?

In Italia pochi giovani decidono i suddetti  lavori, ma quando decidono di andare a Londra per imparare la lingua e mantenersi nella città iniziano a riconsiderare le proprie esigenze e iniziano a lavorare come lavapiatti, cameriere, ecc.

Sia chiaro,non ho nulla contro queste professioni, anzi sono il primo a credere che  che se una persona non ha lavoro debba cercare qualsiasi cosa.
In fondo non esiste un lavoro meno importante di un altro, esiste quello più o meno  pagato (non essendo magari un lavoro specializzato)  ma tutti sono importanti per l’equilibrio economico.

Scenari attuali e difficoltà che i giovani incontrano ogni giorno

Lo scenario di mercato che si è creato dalla crisi del 2007 è molto complesso da analizzare ed inquadrare nel modo corretto.
L’apertura al mondo e la globalizzazione hanno reso la competizione più dura e agguerrita. In questa epoca storica, anche con l’avvento di internet e della tecnologia digitale, i cambiamenti avvengono in maniera sempre più rapida e meno decifrabile.

I giovani sicuramente si sono trovati di fronte almeno una volta a uno dei seguenti problemi:

1. Scuole ed università. Insegnano teorie nate prima degli anni ’80 che in parte oggi risultano esser obsolete. L’unico modo per ottenere informazioni attuali attraverso le università è seguire dei master specializzati che però hanno un costo non accessibile a tutti.

2. Manager. Impostano il lavoro per come lo hanno conosciuto loro quando  erano dipendenti/agenti.  Molti ancora non comprendono come utilizzare strumenti che hanno tassi di conversione al massimo del 2-5 % (nel migliore dei casi) faccia sì che i giovani inizino a considerare alcune professioni, come ad esempio quelle nell’area commerciale, troppo difficili ed ingestibili per loro. I manager che si sono messi nuovamente in gioco e si sono costantemente aggiornati, anche attraverso gli strumenti digitali, sono coloro che in questo momento stanno ottenendo maggiori soddisfazioni e gratifiche.

3. Imprenditori. La contrazione economica causata dalla crisi e l’eccessiva pressione fiscale sono due aspetti che non giocano assolutamente a favore dell’azienda. Gli imprenditori sono alla continua ricerca di persone giovani che possano aiutarli a rendere la propria azienda più dinamica, digitale ed efficiente. Per fare questo puntano su giovani con molta esperienza sul campo, perché vogliono che i giovani diano contributi e valore all’azienda facendole fare il salto di qualità all’azienda in quest’era digitale.

4. Mercato del lavoro. In Italia la regolamentazione prodotta negli anni per il mercato del lavoro ha creato troppe tipologie contrattuali (oltre 40) e la pressione fiscale è diventata opprimente per tutti, lavoratori dipendenti, autonomi e imprenditori.
Se confrontiamo il mercato del lavoro americano e quello italiano ci accorgiamo subito che il primo ha scelto la via della dinamicità (licenziamenti più semplici ma allo stesso tempo meno tempo per assumere una persona) mentre il secondo ha scelto la via della tutela (licenziamenti resi quasi impossibili, anche con giusta causa a volte, ma tempi di assunzione e ricambio molto più lunghi).
La difficoltà più grande per  i giovani è, a mio parere, un problema di mentalità.

Mi spiego meglio attraverso un esempio relativo ai giovani americani e giovani italiani.

Giovane Americano Giovane Italiano
Considera il lavoro come un dovere.Lui deve garantire il suo massimo all’azienda perché sa che se no sarà licenziato. Considera il lavoro come un diritto.Gli deve esser garantito, anche se non si impegna per migliorare la propria condizione.
La distanza non è per lui un problema, già per andare ai campus universitari migliori si ritrova a fare migliaia di chilometri, figuriamoci se non fa lo stesso anche per un lavoro. La distanza è un limite.La regola di base è trova tutto il più vicino a casa possibile in modo che tu possa esser comodo. Oltre i 100 chilometri quasi non vengono presi in considerazione i lavori.
Lavorare e studiare allo stesso tempo è quasi un classico, visto anche il costo elevato dell’università americana È difficile che lavori e studi allo stesso tempo.Solitamente accade che o lavora smettendo di studiare oppure si dedica unicamente all’università.
Lo studio è un dovere.Visto l’investimento fatto dai genitori o da loro stessi (attraverso mutui) per studiare, il giovane è motivato a concludere gli studi nel minor tempo possibile con un risultato eccellente perché solo essendo tra i migliori si potrà avere le migliori opportunità lavorative. Lo studio è un diritto.Lo stato investe molto per far studiare i giovani italiani, questo però pare non bastare mai in quanto in molti vorrebbero che il diritto allo studio venga interamente finanziato dallo stato e reso gratuito a tutti.
A livello mentale però questo in parte è controproducente in quanto le persone hanno meno motivazione per riuscire al meglio e nel minor tempo possibile.
Il concetto di fallimento in America viene elogiato in quanto una persona che è caduta e si è rialzata ha anche imparato delle lezioni molto importanti e sarà un professionista migliore in futuro. Il fallimento in Italia è denigrato perché si crede che la persona non sia capace.In fondo anche il sistema scolastico per come è costituito insegna che fallire o sbagliare non è un bene, viene quasi demonizzato.Questo però produce una schiera di studenti che sono più avversi a correre rischi.

 

Sono consapevole di quanto  sia  una versione molto stereotipata dei due Paesi: è una voluta forzatura per stimolare il dibattito e la riflessione.
La situazione sopra descritta potrebbe aiutarci a capire perché la disoccupazione giovanile è al 44% e perché non riusciamo a fare la differenza come i nostri predecessori.
Direi quindi di passare alla parte tanto attesa, quella dei consigli pratici.

Uno strumento pratico per affrontare il mercato del lavoro e puntare al successo, non solo professionale

Eccoci qui in questa ultima parte del nostro viaggio alla sezione che preferisco: i consigli pratici.

Prima però di offrirti qualche tecnica efficace vorrei che considerassi queste mie parole:

ho riscontrato in molti di noi giovani (mi includo sempre anche io) la continua ricerca al corso per imparare una determinata cosa, al corso per imparare a gestire i rapporti, al corso per imparare a lavorare, al corso per imparare a vivere la vita. Frequentare corsi non è un male, anzi è un buon metodo per crescere e migliorarsi, però bisogna fare attenzione a non cadere nel tranello del “faccio solo se prima ho fatto il corso che mi ha insegnato come farlo”.
Dobbiamo fare più come facevano le generazioni di giovani negli anni ’60, cioè lanciarsi, provare e concedersi anche di fallire a volte; ovviamente facendolo  nel modo corretto.

Il metodo che ti presento oggi mi è stato insegnato da David Grosso, imprenditore italiano residente in America nonché proprietario della 45 Parallel Consulting (azienda specializzata in marketing e business strategy).
In America questo è un vero e proprio metodo con il quale definire e sviluppare il proprio lavoro, non solamente un consiglio.
Il sistema in Italia invece non ha ancora preso piede e quindi mi accingo a presentartelo:

I passaggi chiave sono (te la scrivo come me la disse lui in inglese la prima volta) “Crawl, Walk and only then Run”.

Oltre a tradurla in italiano cerchiamo di capirne il significato:

1) Crawl, in italiano è traducibile come “gattonare”.
Questa prima fase è legata molto alla pianificazione di ciò che si desidera fare: è importante in questa fase inquadrare bene il lavoro che si vuole fare, le varie fasi che lo compongono, analizzarle e procedere con la fase di pianificazione.

2) Walk, in italiano è traducibile come “camminare”.
La seconda fase invece è legata a ciò che si fa attivamente, le azioni che si compiono mentre si lavora e le competenze che si stanno creando. Questa fase d’azione è molto importante perché si impara a vedere se ci si sta muovendo nel modo corretto rispetto a ciò che si è pianificato; nel caso così non fosse è necessario riprendere il plan e modificare le strategie che si era deciso di seguire.

3) Run, in italiano è traducibile come “correre”.
Una volta imparato a gattonare e camminare, si hanno tutte le competenze e l’esperienza per fare qualcosa di grande: quindi è arrivata l’ora di correre, sia che significhi diventare un grande manager d’azienda o un imprenditore.

Questo sistema mi  è servito molto per iniziare e continuo ad usarlo ancora adesso.

Lo trovo  davvero efficace, molto duttile in base alle proprie esigenze (sistema adattabile anche alla vita di tutti i giorni, non solo quella professionale) ed allo stesso tempo molto semplice da utilizzare.

In realtà ora sto utilizzando e rodando un sistema nuovo creato da me e dalle mie esperienze; sembra dare ottimi risultati e chissà potrei anche scriverci un articolo su questo.

Ti ringrazio per avermi seguito in questo lungo percorso, spero di esserti stato utile e mi auguro soprattutto che le mi e parole possano in qualche modo essere  motivo di riflessione e successo per il  tuo futuro.

Al prossimo articolo!

Scritto da Daniele Coltro

Citazioni e fonti:

 

Matrix Citazione (Film del 1999 scritto e diretto da Lana e Andy Wachowski)

Sun Tzu Citazione (Filosofo e Generale Cinese, scrisse “L’arte della Guerra”, 544 a.C. – 496 a.C.)

Fonti:

Red and Blue Pills – Wikipedia

Italian Unemployment Rate – Wikipedia

17 Comments

  1. Trattazione interessante nell’individuare differenze “antropologiche” riguardo al lavoro e soprattutto al lavorare. Il lavoro differisce dal lavorare perché una società (come quella degli anni settanta-ottanta anche in Italia) può produrre molto lavoro ma rimanere indietro nel “lavorare”. Con Peter Drucker rimango convinto che il lavorare implica due cose essenziali: rendere il lavoro produttivo e possedere un feedback informativo sui risultati. Francamente in questo non vedrei troppe differenze tra Italia e NordAmerica: gli imprenditori emiliani che hanno ricostruito perfettamente (anzi meglio di prima) le loro industrie dopo l’ultimo terremoto lo hanno fatto da soli e con una efficienza-efficacia certamente almeno uguale se non superiore a quella di un imprenditore americano. Di questo sono matematicamente certo! Allora qual’è il problema? Forse si tratta di rimanere “agganciati” l’uno all’altro, non lasciare che dei pezzi di società si “sciolgano” come icebergs umani che vanno alla deriva. Ma per questo occorre anche avere una speranza, e qui non bastano i masters e non bastano intere biblioteche anche digitali. Le persone che dopo la seconda guerra mondiale hanno ricostruito il mondo speravano in un futuro, avevano una “trascendenza” perché il richiamo dell’uomo è quello di crescere, non di ripetere il passato. Per quelle generazioni nulla poteva essere peggiore di quanto avevano vissuto. Non credo qui negli elogi della disperazione produttiva dei soldati fatti da strateghi della guerra. Non credo che i tedeschi accerchiati a Stalingrado abbiano combattuto meglio perché senza speranza: semplicemente la situazione del combattere casa per casa ha reso ancora più disumana ed assurda e mostruosa la battaglia. I teorici della “buona disperazione militare” pontificano dalle loro poltrone nichiliste. La situazione sul campo è ben diversa, ed i giovani di oggi lo sanno. Senza una prospettiva si combattono partite perse in partenza.

    • Giovanni ti ringrazio per l’apprezzamento e per il commento che hai lasciato.

      Hai parlato di due temi importanti che vorrei approfondire con te.
      Nell’articolo ho stereotipato il concetto di giovane americano e giovane italiano per far comprendere meglio ciò che volevo spiegare.
      Giustamente tu fai presente che dal tuo punto di vista le differenze sono poche in quanto se valutiamo come esempio gli imprenditori dell’emilia romagna nel post terremoto hanno in poco tempo rimesso in sesto le loro vite professionali, senza ricevere grandi aiuti esterni.
      Darti ragione qui è d’obbligo perché gli imprenditori emiliani sono un esempio che dovrebbe esser seguito da tutti per l’energia e la voglia che hanno messo per rimettersi in piedi.

      Il target che ho preso in considerazione per l’articolo è costituito da giovani; una grande maggioranza di questi non hanno quello spirito, quella voglia di combattere per prendersi il futuro.
      Hai detto bene affermando che non bastano i master o le infinite biblioteche, anche digitali, infatti ciò che serve sono persone che siano in grado di lanciarsi e provare.
      Le situazioni sono diventate complesse ed avverse, questo è innegabile, tuttavia se lo prendiamo come alibi per non agire, per non creare o per non dare valore allora si rimarrà sempre fermi a questo punto ed allora si che si sarà destinati al fallimento.

      La citazione legata a Sun Tzu ed al bruciare le navi dietro di se è qualcosa che nella storia ci è visto più volte avere prodotto risultati che hanno portato al successo.

      Un esempio storico che voglio portare è questo:

      Un uomo, partito con 11 navi e circa 500 soldati, attraversò l’Atlantico, si fermò a Cuba per poi approdare poco tempo dopo in America con una missione precisa.
      Questo capitano arrivato in America prese tutti i soldati a se e, sapendo la difficoltà dell’impresa, gli spiegò cosa avrebbero fatto da li a poco.
      Erano una spedizione di conquistatori ed erano destinati a portare grande fortuna al proprio paese, però per riuscire nell’intento prima avrebbero dovuto eseguire un comando molto importante: bruciare tutte le navi.

      Quest’uomo era Hernan Cortes, un condottiero che portò 500 uomini contro un paese composto da milioni e riuscì a conquistarlo.

      Il simbolo del bruciare le navi non deve esser inteso secondo me come un togliere ogni speranza ma bensì come toglier ogni alibi, ogni scusa, per non riuscire in un impresa che molti possono pensare esser impossibile.

      A ben riflettere quando ci prefiggiamo un obiettivo importante anche noi a nostro modo bruciamo le navi; prendiamo in considerazione tutte le motivazioni che ci potrebbero condurre al fallimento e le bruciamo seguendo solo la nostra speranza e la nostra idea di futuro, cioè quella in cui vediamo superato con successo il nostro obiettivo.

      Per i giovani dovrebbe esser questo il passaggio da fare:
      1. Accorgersi che il sistema si è irrevocabilmente modificato
      2. Prendere in considerazione un proprio obiettivo o sogno professionale da conseguire
      3. “Bruciare le barche” inteso come eliminare tutti quei pensieri o alibi per non provar nell’impresa di raggiungere l’obiettivo
      4. Agire

      Questa è una piccola ricetta, forse banale, che però può portar fuori da molti problemi.

  2. Interessante articolo che si potrebbe commentare, citando De Gregori, con: “se avessi potuto (dovuto) scegliere tra la vita e la morte avrei scelto l’America”.
    Per il resto aggiungerei un aspetto che, ad esempio rispetto a quando ho cominciato a lavorare io, ha cambiato il paradigma anche del mondo del lavoro: mi riferisco al concetto di “condivisione”.
    Questa, a mio avviso, è la più grossa potenzialità che, soprattutto in Italia, abbiamo per riscattarci. Mi riferisco alla capacità di fare sistema e di organizzare e gestire mantenendo però il fondamentale aspetto legato alla qualità e alla “umanità” dei prodotti e dei servizi che intendiamo offrire. Con “umanità” mi riferisco alla capacità artigianale, al gusto, al design, all’ergonomia… Insomma alla capacità innata negli artisti italiani più virtuosi di coniugare il nostro background storico (dal Rinascimento in poi) e di tradurlo in valore per gli uomini.

    • Grazie Marco.

      Pienamente d’accordo con te in merito alla “condivisione”.
      Vedo molta difficoltà in questo, soprattutto se osserviamo come si sta affrontando il passaggio di conoscenze professionali a livello generazionale.

      Pare quasi che il condividere con gli altri ciò che si conosce, le proprie idee, ecc, sia qualcosa che farà perdere il controllo delle situazioni o faccia si che i meriti non vengano dati alla persona stessa.

      Quando supereremo questo ostacolo sono certo che andrà come pensi anche tu: faremo vedere davvero al mondo il potenziale, fino ad ora inespresso, del nostro paese.

  3. articolo molto interessante e ben fatto, la diversa interpretazione del fallimento secondo me è alla base di tutto perché condiziona il coraggio di osare e di perseverare nel nostro paese.

  4. Articolo davvero superficiale in quasi ogni tema trattato. Stendiamo un velo sul paragone tra i giovani Americani e Italiani. Suggerisco all’autore di farsi un giro nelle università Americane (e anche in quelle Italiane) e conoscere un po’ di gente.

    Pongo una domanda: per migliorare le condizioni di lavoro Italiane, la soluzione è ispirarsi al modello del mercato del lavoro Americano? Quello stesso paese che ha innescato forse la più grande crisi economica dal dopoguerra?

    Un’altra domanda: i giovani di oggi devono ispirarsi ai nostri nonni e genitori? Quelle stesse generazioni che hanno divorato senza alcuna pianificazione per il futuro, che hanno vissuto “a debito”? In altre parole, quelle stesse persone che hanno creato un modello non sostenibile sia a livello sociale che ambientale?

    Il boom economico del dopoguerra è un caso eccezionale, fingiamo di non renderci conto che la crescita economica non è un fenomeno eterno. I cosiddetti “downturns”, siano essi di lieve entità o pesanti come l’ultima crisi economica, sono normalità non eccezioni. E ora leggo che la “chiave di volta” della disoccupazione Italiana è la volontà dei giovani! Per cortesia…

    Va bene la neutralità del web e la libertà di parola, ma riflettete e studiate un po’ di più prima di scrivere, che qualche ingenuo potrebbe prendervi sul serio.

    • Una cosa e trovare un articolo non interessante, tutt’altro e’ tentare di svilirlo con esempi non corroborati da fatti.

    • Ciao Matt, anche se sarebbe bello conoscere il tuo vero nome e cognome, mi spiace se l’articolo lo hai trovato superficiale e per niente veritiero con la tua esperienza di vita.
      Forse rispondere alle tue domande è inutile perché le hai create appositamente con la risposta al seguito, io però vado oltre al tuo disprezzo sul lavoro fatto e rispondo ugualmente a beneficio di coloro che leggono questo articolo ed il nostro blog.

      In merito alla questione universitari italiani e americani mi spiace deluderti ma ho frequentato le università italiane ed ho amici che hanno frequentato quelle americane o che sono americani e studiano negli USA.
      Il mio articolo è stato ponderato molto, sorprattutto grazie ai molteplici scambi di idee avuti con studenti universitari di vari paesi, imprenditori e professionisti che lavorano anche all’estero.

      Venendo alla tua prima domanda direi che certamente affermare che la soluzione ad ogni problema è seguire il sistema applicato dagli USA per quanto concerne il mercato del lavoro risulterebbe banale e soprattutto semplicistico.
      Se invece mi vuoi parlare di dati statistici eccone un paio che ti faranno riflettere:
      Usa: Luglio 2006 4,6% – Ottobre 2009 10,0% – Ottobre 2014 5,8%
      Italia: 2006 6,8% – 2009 7,8% – ottobre 2014 12,9% – novembre 2014 13,2%

      Ti chiedi se le fonti dei miei dati siano attendibili?
      Direi di si visto che sono del U.S. Bureau of Labor Statistics e dell’Istat.

      Forse il modello non sarà quello che utopisticamente vorremmo tutti, tuttavia sembra abbia portato il mercato quasi ai livelli precrisi per la disoccupazione, mentre da noi questa ipotesi non è vista neanche lontanamente. (lo dicono i dati statistici, non io)

      Invalidare il sistema lavorativo americano dicendo che gli Usa hanno creato la crisi non mi sembra un ragionamento che fila molto, in particolar modo visto che le cause sono state altre (se vuoi saperne di più in merito ti consiglio di cercare informazioni relativamente ai mutui subprime, al mercato finanziario e quello immobiliare).

      Per quanto riguarda la domanda sui giovani e sul chi dovrebbero ispirarsi ti rispondo chiaramente: Si dovrebbero ispirarsi maggiormente ai propri nonni o genitori.
      Non perché come dici tu hanno creato il debito attuale (mi pare errata e fuoriluogo come osservazione – non parliamo di politica economica italiana, parliamo di persone fisiche: parenti o conoscenti italiani) ma perché avevano una mentalità differente dalla nostra, una mentalità legata al fare, al lavorare, allo sporcarsi le mani ed all’esser maggiormente umili in caso di bisogno.

      Anche per quanto riguarda la “chiave di volta” citata nell’articolo e presa in modo improprio dalle tue parole direi che sicuramente è uno degli ingredienti che mancano e che potrebbero offrire qualche speranza in più.

      Se vuoi dei dati basta che vai sui vari siti delle testate giornalistiche e fai un paio di ricerche; troverai articoli legati ai molti settori nei quali i giovani non vogliono sporcarsi le mani: ristorazione, panifici, ecc.

      Caso vuole che ieri abbia proprio letto un articolo che parlava di lavoro e giovani: http://espresso.repubblica.it/attualita/2014/12/05/news/lavoro-cercasi-giovani-laureati-ma-nessuno-si-presenta-1.191014?ref=fbpe

      Tu come lo commenteresti?

      Penso di averti risposto ampiamente e con modi più consoni rispetto a quelli utilizzati da te.
      Se hai piacere di continuare la discussione sono aperto a visioni differenti ben volentieri ma richiedo un minimo di educazione e rispetto perché forse non lo sai ma dietro ogni articolo scritto da ogni membro di questo blog ci sono ore di lavoro e ricerca.

  5. Quale degli esempi trovi “non corroborato da fatti”?

  6. Caro Daniele,

    Con modi consoni e rispettosi ti faccio notare che le ore di lavoro e ricerca andrebbero indirizzate a capirli i dati che si trovano, non a cercarli qua e la e riportarli.

    Mi limito a discutere gli unici che hai riportato nella tua risposta. Non hai scritto cosa sono ma a occhio mi pare sia il tasso di disoccupazione in USA e in Italia. Prima di tutto va fatta una premessa sulla regolamentazione e le garanzie del mercato del lavoro nei due paesi, che spiega già abbondantemente la maggiore flessibilità americana rispetto all’Italia. Come noti dalle serie di dati che hai collezionato così pedissequamente, la reattività del mercato del lavoro americano è molto maggiore. I posti di lavoro vengono persi più in fretta e riguadagnati più in fretta. Ti sei chiesto a cosa è dovuto? Le condizioni di assunzione e di licenziamento sono le stesse nei due paesi? La legislazione come tutela i lavoratori nei due paesi? Se un’azienda americana volesse improvvisamente licenziare 10 impiegati può farlo e a quali condizioni? In Italia come funziona? E se volesse assumere gli stessi 10 una volta terminato il periodo di recessione che garanzie deve dimostrare?

    Ecco se cerchi una risposta a queste domande scoprirai che i dati a volte mascherano le situazioni reali. Ma anche a valle di questo discorso, è innegabile che il tasso di disoccupazione americano è diminuito più velocemente di quello italiano.

    Passiamo al contesto del mercato. La situazione economica americana è paragonabile a quella italiana e all’area Euro? Le politiche monetarie della FED sono paragonabili a quelle della BCE? Le scelte dei due enti su come affrontare la ripresa sono state molto diverse con ricadute ampie sul mercato del lavoro nei due continenti. La FED ha svalutato il dollaro, mentre la BCE era alle prese con i vincoli di moneta unica, e anche gli investimenti internazionali hanno privilegiato le sponde americane a quelle europee.

    Ma nonostante tutto, pur con questi fattori favorevoli il modello americano per quanto piuttosto virtuoso nell’abbattere il tasso di disoccupazione, presenta pericolosi aspetti che non sono nemmeno accennati nell’articolo, come ad esempio il tasso di disuguaglianza di reddito nella popolazione e il drammatico crollo della partecipazione al lavoro. Quindi da un lato la disoccupazione cala, dall’altro aumenta chi nemmeno lo cerca un lavoro (vedi pensionati, scoraggiati, sbandati, ricconi improduttivi).

    Ecco qualche dato su questo indicatore: 2007: 67%; 2010: 65%; 2014: 63%.

    Ma anche su questi dati ci sarebbe da aprire un capitolo diverso.

    Quello che vorrei far notare è che prendere dati isolati a casaccio non è utile ad alcuna discussione, ne tantomeno a capire come funziona il mercato del lavoro in due paesi così diversi. Anzi, è pratica molto deleteria per chi ingenuamente legge questi articoli e si fa l’idea che la disoccupazione italiana è dovuta alla poca voglia dei giovani italiani di lavorare. Mentre invece i giovani americani, ecco loro si che vanno imitati!

    Un consiglio per il futuro: scegliere un argomento preciso di discussione senza mischiare insieme concetti, informarsi bene su cause ed effetti di un fenomeno, proporre argomenti ragionati. Insomma il metodo scientifico lo hanno inventato mica per noia!?

    Saluti

  7. Credi che a qualcuno importi il nome ai fini della discussione?

    • Caro Ciro,
      io la faccia firmando l’articolo l’ho messa, non mi sono nascosto.

      La discussione non è mai stata avviata da te in quanto sei arrivato a commentare in modo arrogante solo per cercare di svilire un articolo o la mia persona non so per quale motivo.
      Ho risposto in modo educato ugualemente al tuo primo commento facendoti notare l’incongruenza delle cose scritte.

      Dall’argomento principale continui a deviare su altri senza ricercare il confronto su quelli da te iniziati, anzi forse anche senza leggere bene cosa scrivo:

      “Venendo alla tua prima domanda direi che certamente affermare che la soluzione ad ogni problema è seguire il sistema applicato dagli USA per quanto concerne il mercato del lavoro risulterebbe banale e soprattutto semplicistico.”

      La frase penso sia stata scritta in modo abbastanza chiaro, se fosse stata letta con attenzione non avresti scritto il commento successivo.

      Nessuno dispensa verità assolute, questa è la mia visione creata a seguito di molteplici ricerche, discussioni con varie persone e dati oggettivi; è un articolo che è piaciuto a molte persone tra cui imprenditori che hanno avuto sedi aziendali in 4 continenti, studenti che sono stati in erasmus, professionisti che si trovano all’estero a lavorare e tanti altri.

      Non posso pretendere che piaccia a tutti o che tutti si trovino in accordo con quanto detto, ma il tentativo di svilire un articolo o chi la scritto è qualcosa che non può esser accettato in alcun modo.

      Penso di aver dedicato anche troppo tempo e gentilezza nel risponderti.
      Sei pregato di non continuare oltre con questi modi o i commenti verranno cancellati.

      Saluti

  8. Caro Daniele,

    Nel mio ultimo commento ho riportato tante domande, le cui risposte aiuterebbero ad approfondire l’argomento del tuo articolo. Non mi hai risposto, ma almeno avrai altri spunti di ricerca per il futuro.

    La mia è una critica sul modo di affrontare un tema. Nel commento mi sono concentrato su un solo dato perché fare lo stesso per tutto l’articolo richiederebbe del tempo che non ho! Su cosa non sei d’accordo di quello che dico?

    A me in generale interessa poco il parere altrui, quindi se 200 persone dicono che un vetro sporco è pulito non mi convinco che è pulito. Se una sola persona mi fa una foto del vetro pulito allora iniziamo a ragionare. Spero avrai colto la metafora.

    Per curiosità, chi sarebbero questi imprenditori con sedi in 4 continenti? Loro ce la mettono la faccia oppure il loro parere resta anonimo?

    Saluti

  9. Buonasera.

    Capitata in questo sito per pura casualità e letto suddetto articolo, vorrei ora poter dire la mia.
    Partendo dal presupposto che ho quasi 23 anni e che sono totalmente scoraggiata, disillusa e amareggiata dalla situazione attuale, vorrei mettere in luce diverse tematiche riguardo noi ragazzi.
    1) I ragazzi volenterosi ed entusiasti ci sono. Mancheranno i soldi forse, ma gli imprenditori sono i primi a non voler investire su di noi.
    Prendiamo ad esempio il mio caso. Inizio l’università. Indirizzo scientifico. D’estate parto come animatrice per rimpolpare le mie casse. (Primo lavoro) Passa qualche anno e mio padre perde il lavoro. Interrompo gli studi. Ho voglia di aiutare. NON intendo pesare sui miei. Ho conoscenze? NO. Ho esperienza? Ridicola. Passo tra il fare TERRIBILE porta a porta e la callcenter outbound. Una sola non in nero. Ho voglia di lavorare? SI. Inizio dunque a tempestare di miei curriculum TUTTA Italia. Vorrei fare l’educatrice al nido, il mio diploma lo permette. MI OFFRO come stagista a titolo gratuito. NON mi ha cercato NESSUNO. Ho girato asili sotto la pioggia,sotto la neve, con il sole. Ho mandato offerte persino a Palermo. (io vengo dal profondo Nord). Un giorno, ricevo una telefonata. Ristorante. Giorno di prova come cameriera? Passato. Mi parla di stipendio. 600 euro,nero. 10,30h/gg. Arrivederci e grazie, preferisco fare la callcenter e rompere i ***** alla gente, chiedendo di acquistare servizi superflui e truffaldini. (Mi hanno silurato da tutti quelli in cui lavoravo dopo un mese, perchè mi rifiutavo di insistere. Pessima venditrice? Può darsi). Domani ho un altro colloquio..nell’ennesimo outbound. Non in nero.
    2) La società americana pare abbia una tassazione sul mercato praticamente nulla. La nostra, porta gli imprenditori a non investire neanche su chi, come me, farebbe un lavoro nel campo prescelto GRATIS pur di fare esperienza. Mi pare dunque un paragone alquanto discutibile.
    3) Spiace, ma è normale perdere le speranze. Ora sto provando a prepararmi per i concorsi pubblici, l’unica mia ancora di salvezza.
    Cosa farebbe Lei al nostro posto, quando persino per fare la cassiera al supermercato ci vuole la raccomandazione, quando nessuno ti dà un briciolo di possibilità, quando a 23 anni ti considerano vecchia?

    Detto questo, perderò fiducia, ma non la speranza. Se a settembre vedete una ragazza che chiede stage ai nidi di mezza Italia salutatela, perchè sarò io.
    Saluti S.

    • Ciao Selma,
      ti do del tu come faccio con chiunque commenti sotto i miei articoli.
      Ti ringrazio in primis per aver dedicato del tempo a scrivere questo commento e per aver condiviso con noi la tua esperienza personale.

      Ho 25 anni quindi posso capire molto bene la sfiducia e l’amarezza che si può avere per il mercato del lavoro ai giorni nostri.
      Rispondo a ciò che hai scritto seguendo l’ordine:

      1) Come ho scritto nella parte in cui ho effetuato il confronto il mio discorso è stato stereotipato al fine di far uscire i vari punti di contrasto in modo che fossero più evidenti.
      Dire che ci sono giovani volenterosi ed entusiasti è sacrosanto, proprio come lo è guardarsi attorno e rendersi conto che spesso (quando i genitori lo permettono) i giovani preferiscono stare a casa piuttosto che accettare un lavoro umile come possono esser quelli descritti sopra.

      Nel tuo caso specifico si percepisce subito che sei una persona rientrante nella categoria dei giovani volenteroi ed entusiasti, purtroppo però come giustamente dici gli imprenditori faticano a dare spazio a noi giovani.

      Molte aziende italiane sono progettate per sopravvivere, non pre creare grandi utili e ricchezza per l’imprenditore.
      Questo dettaglio è significativo perché spiega molto bene come mai diversi imprenditori con la crisi si trovano con l’acqua alla gola, con problemi di liquidità o con le assunzioni congelate (se non obbligati a licenziare per andare avanti).

      Al giorno d’oggi un imprenditore in queste condizioni si trova in difficoltà nell’assumere una persona e pensare di dover dedicare del tempo a formarla ed insegnarle un lavoro perché magari si trova allo stesso tempo a dover pensare a pagare le tasse, i fornitori, le bollette e gli stipendi dei propri dipendenti.
      Non è una situazione semplice neanche per loro e bisogna riconoscerlo.

      Trovandosi in tali situaizoni possono pensare di assumere qualcuno solo nel caso in cui questa persona abbia delle capacità e competenze effettivamente dimostrabili che possano aiutare l’azienda stessa a risollevarsi.

      2) Ilconfronto tra il giovane italiano e quello americano scritta nell’articolo ha la seguente premessa che fa ben capire il pensiero:
      “In Italia la regolamentazione prodotta negli anni per il mercato del lavoro ha creato troppe tipologie contrattuali (oltre 40) e la pressione fiscale è diventata opprimente per tutti, lavoratori dipendenti, autonomi e imprenditori.”

      3) Cosa farei io?

      Il mio consiglio è su base personale, sulla mia esperienza di vita e non per forza un dato oggettivo.
      Oggi gli imprenditori cercano persone che abbiano chiare competenze e specializzazioni, nonché una comprovata esperienza sul campo perché insegnare a qualcuno un lavoro da zero è un dispendio di energie e tempo che in questo momento non sono in grado di permettersi anche se vorrebbero.

      I miei consigli sono i seguenti:

      a) Cercare un modo per specializzarsi in ciò che vorresti fare.
      Cerca attraverso la tua regione corsi di specializzazione in modo che tu possa aumentare il livello di conoscenze relative alla professione scelta (i corsi della regione hanno il vantaggio di esser per la maggior parte gratuiti, soprattutto per chi disoccupato o in attesa di occupazione).

      b) Iscriviti ai siti di ricerca lavoro come Monster, Adecco, Jobrapido, ecc.
      Sono utili al fine di cercare posti di lavoro e potresti andare anche nelle sedi presenti nelle varie città (adecco ad esempio ha molte sedi fisiche nelle quali andare e chiedere maggiori informazioni)

      c) Fare del volontariato.
      So che potrebbe suonare strana come idea però è il modo migliore per fare esperienza gratis.
      Se le aziende non assumono neanche a titolo gratuito perché non è una questione di denaro ma di dispendio di energie e tempo nell’insegnare, il volontariato può esser la giusta alternativa per iniziare a crearsi un po di esperienza nella professione che si vuol svolgere.
      Cerca quindi le varie associazioni di volontariato più vicine a te che possano fare al caso in questione e possano aiutarti a creare quelle competenze che potrai assolutamente inserire sul curriculum e che saranno viste di buon occhio dai vari selezionatori.

      d) Prendi in considerazione l’idea di andare all’estero.
      Questa opzione non è mai molto amata però oltr’alpe ci sono diverse occasioni che possono esser prese, anche se si tratta di lavori umili comunque sono retribuiti in modo corretto e permettono alla persona di mantenersi da sola.

      Spero di aver dato una risposta esaustiva alle tue domande e ti auguro di cuore di potercela fare perchè è giusto che la volontà e la determinazione vengano premiate.

      Saluti,

      Daniele

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