ROI e social media. Esiste l’unicorno?
Quando si valuta un servizio di social media marketing bisogna considerare non solo il numero di ore o la quantità di risorse economiche che saranno necessarie per l’attività, ma soprattutto si deve essere in grado di tradurre in numeri ogni azione che fate e valutarne l’impatto in rete.
Ti sorprenderà forse sapere che l’attività sui social network ha un ottimo rapporto costo-beneficio. Certo non si tratta di guardare a quanti euro sono entrati in cassa. Se pensi che il lavoro sui social valga la pena di esser portato avanti solo se porta soldi, sbagli di grosso.
Il ROI dei social media è sfuggente, se ti aspetti che si comporti come i canali tradizionali, ma non è un unicorno, non è di quelle cose che esistono solo se ci credi… Il fatto è che misurare richiede parametri diversi. La misurazione della performance delle campagne sui social è un compito complesso.
Uno studio del gruppo Lenskold ha calcolato che solo il 28% delle aziende americane si preoccupa di calcolare il ROI in rete (se non per quel che deriva direttamente dall’ecommerce) e quasi un quarto dei marchi non ha una presenza sui social. È interessante notare che questo 25% non è solo composto da aziende che non si sono ancora di fatto lanciate sui social media, ma include anche aziende che hanno avuto per un certo periodo una presenza nelle reti sociali e poi le hanno abbandonate.
La prima domanda da porsi per non sbattere il naso contro il muro quando si entra nel mondo dei social media è: cosa voglio fare?
Definito questo aspetto allora potrò mettermi all’opera, iniziando dal valutare quale strumento possa rispondere meglio alle mie esigenze.
Perché è difficile misurare il ROI dei social media?
Non è solo denaro quello che si investe: si investe prima di tutto del tempo.
Per esperienza personale posso affermare che l’obiettivo dei social coincide solo in piccola parte con l’aumento delle vendite. Sarebbe sbagliato lanciarsi sui social media “solo” per far salire il fatturato. Per ottenere questi risultati esistono strade più sicure e rapide.
Le campagne social spesso mirano innanzitutto a costruire comunità, ossia accrescere il numero di contatti, fidelizzare, assistere, ascoltare, farsi conoscere, rimpolpare mailing list, generare “brusio”, rispondere a commenti ecc. Come queste attività possono esser misurate in termini economici?
Inoltre ogni social network usa metriche diverse, parla in modo diverso, spesso anche a persone diverse. Ciascuno ha scopi e può offrire benefici diversi.
Quanto vale un tweet, per esempio? È quantificabile in denaro la risposta a un tweet, o la conversazione tra il social media manager e un altro frequentatore di Twitter? E quanto vale un Retweet che promuove in realtà contenuti di altre persone? Quanto costa mostrarsi amichevoli sui social?
Non sto dicendo che non sia possibile calcolare il ROI delle attività sui social. Si può fare e si deve fare, almeno per determinare ciò che funziona e perché. Come in ogni attività aziendale l’improvvisazione difficilmente paga. L’uso dei social, e di conseguenza anche la lettura dei risultati, va inserito nel flusso di lavoro standard.
Cosa considerare quindi per il ROI? Osserviamo intanto due parametri:
- quelli direttamente economici;
- quelli non economici.
Nel primo caso rientrano prodotti e servizi venduti, adesione a promozioni, acquisto coupon ecc. Come detto poco sopra, non concentriamoci su questi aspetti, perché questi sono il riflesso delle azioni sui social, non l’obiettivo primario. Nel secondo rientrano il rafforzamento del marchio (del brand, se vogliamo dirla in inglese), l’aumento del numero di fan, follower e via dicendo, i “Mi piace”, le condivisioni, i commenti, il migliore posizionamento sui motori di ricerca, le conversazioni attive con altri utenti.
La mia esperienza mi ha insegnato che il primo parametro è conseguenza del secondo. Senza una presenza competente in rete, senza pianificazione e senza relazioni, sui social non c’è modo di cavare profitto: la presenza viene percepita come “markettara” e perde credibilità, alzando in tal modo la percentuale di abbandono dei nostri fan/follower. Non servono ammiccamenti: possiamo apparire simpatici, ma prima di tutto dobbiamo essere professionali, perché stiamo parlando di e per un’azienda. Ergo, sapere, saper fare e saper essere.
Sui social non si vende, ma si possono creare i presupposti per la vendita. Chi ha fretta e fa spam con propri prodotti o servizi non va molto lontano. Gli investimenti in social media sono nel complesso più redditizi ed economici, ma richiedono una notevole quantità di tempo e di talento umano, perché questo tipo di attività, se fatta con criterio, incoraggia il rapporto cliente-azienda, creando e aiutando a mantenere viva l’attenzione sul brand, generando legami emotivi, dando continuità alle relazioni: per questa ragione non si può improvvisare.
I social network ad esempio possono dirci molto dei nostri prodotti/servizi, e se non siamo lì stiamo sprecando l’opportunità di dialogare con chi li acquista o potrebbe decidere di farlo. In breve, ogni condivisione equivale a un’approvazione da parte del vostro interlocutore.
Se poi volete lavorare solo sul primo parametro, esistono modi per reclutare nuovi “Fan” e fare offerte sui social: certo, sono attività a pagamento, come è giusto che sia, perché Facebook, Twitter, Linkedin & C. sono nati per creare comunità, non come e-commerce a basso costo. Tra l’altro è molto facile acquistare e gestire spazi di promozione: quasi tutti i social network permettono di segmentare il pubblico a cui ci si rivolge, lasciandoci scegliere i destinatari per età, zona, sesso, parole chiave contenute nel profilo ecc. Insomma, i social network possono condurvi per mano nel processo di creazione di piano pubblicitario.
A ciascuno il proprio social media
Non tutti i social network funzionano allo stesso modo per il tipo di attività. Inutile essere ovunque tanto per esserci: meglio prendersi il tempo per analizzare come e dove possiamo agire meglio, non dissipando preziose risorse.
Se immaginiamo di usare i social network per l’assistenza clienti ad esempio ci potremmo affidare a Facebook e Twitter: esistono già ottime esperienze in tal senso. Se dobbiamo diffondere tutorial allora perché non considerare Youtube? Se vogliamo cercare qualcuno da inserire in azienda, pensiamo a Linkedin. Se abbiamo in mente di aggredire un’area geografica, possiamo usare uno dei social con geolocalizzazione…
Non esistono ricette universali. Dovrete cercare la vostra dimensione e valutare quale sia la risposta migliore per il vostro business, per le vostre esigenze, ma soprattutto sapere cosa volete fare con i social media. Prendetevi il tempo per ascoltare, per osservare e avvaletevi di persone esperte se avete le idee confuse. E poi… pianificate, pianificate, pianificate. Non pensate di fare semplicemente un rapido test. Datevi almeno 3-6 mesi per analizzare i risultati.
Ci sono moltissimi strumenti che permettono di misurare l’attività sui social, già all’interno degli stessi (es. Insight di Facebook, Twitter Analytics). Anche Google Analytics ha una sezione dedicata ai social.
Quindi il ROI?
Ribadisco: il maggior ritorno di investimento è composto dalle relazioni, dalla comunità creata, da mention, condivisioni, commenti, numero di contatti attivi. A questo vanno aggiunte le relazioni di valore, ossia persone, società o istituzioni che riteniamo d’interesse, che possono aiutarci a diffondere un’informazione, darci spunti di interesse, segnalarci altri contatti, generare domanda, evangelizzare.
Non sto quindi dicendo che accumulare fan e follower è il ROI dei social menda: senza costruire relazioni, follower, fan e compagnia bella sono non profittevoli. Bisogna progettare le attività sui social media in modo chiaro e concreto, così come gli altri aspetti del business.
Buone relazioni fanno buon posizionamento in rete. Questo elemento è l’oro del mercato 2.0: maggiori visite, maggiore engagement, maggiori potenziali acquisti (non aspettatevi miracoli però, perché tutto deve essere allineato con il resto del comunicazione aziendale, un sito web decente, una distribuzione non colabrodo ecc.).
Con i social media avete in mano un megafono. Potete decidere di cantarci “Heidi”, usarlo per raccontare barzellette, per far sapere quanto siete “belli e fighi” o più semplicemente di farne uno strumento di lavoro.
Ah, non dimentichiamo un altro aspetto importante: i social media sono un ottimo strumento per rimanere aggiornati e per la formazione professionale. Sapete come fare? Se siete curiosi, lasciate un commento e sarete soddisfatti.
Scritto da Salvatore Nascarella
Approfondimenti e fonti:
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